Il Primo Giorno è un’inversione di rotta, un nuovo inizio, un momento in cui decidi di staccarti da qualunque cosa stessi facendo prima per cominciare un nuovo percorso.

Non significa necessariamente ripartire da zero – ognuno di noi porta sempre con sé un bagaglio di esperienze. Ma un nuovo percorso deve sempre esistere per tutti quanti e idealmente deve essere uno mai intrapreso prima.

 

In un modo o nell’altro, faccio  il copywriter e il traduttore in Italia dal 1992 – il più delle volte rimanendo invisibile ai miei clienti e che sconosciuto alle milioni di persone che hanno letto le mie campagne e usato i prodotti a cui ho dato nome.

Per 12 anni ho scritto tutto ciò che Acer abbia mai pubblicato, venduto o pubblicizzato. In tutto il mondo. Da eventi stampa internazionali fino all’aver introdotto i social nell’azienda, sono stato letteralmente l’Acer Guy.

E poi ho iniziato a crearmi una rete di contatti. Tra lavoretti per agenzie e clienti diretti, la mia visibilità delle aziende italiane si è allargata e ho iniziato a riconoscere alcuni tratti distintivi.

 

In questo Paese, esiste un’incredibile quantità di talento, patrimonio culturale e orgoglio. L’Italia è senza dubbio un leader in molti campi stimati in tutto il mondo. Ciononostante, essere leader in “molti campi” non la rende automaticamente un leader globale.

 

Un copywriter sta sempre attento ai trend linguistici e a come comunicano le aziende, i mercati e persino le istituzioni. Sapere cosa dire fa parte del nostro lavoro e sarebbe poco saggio da parte nostra parlare senza prima ascoltare.

 

Il problema non è l’Italia o gli italiani. Il problema è la lingua. Il problema che pochi vogliono riconoscere è la frase “Made in Italy”.

 

La frase “Made in Italy” è un vero colpo di genio del marketing perché in sole tre parole contiene un’intera cultura. Ed è proprio così, con una frase del genere ciò che viene dichiarato è solo la cultura, non un prodotto. “Made in Italy” rispecchia qualsiasi cosa, dagli intoppi diplomatici di questa Nazione alla sua fragilità in un’Europa che sta faticando, in un mondo che guarda prima alla stabilità di un Paese per poi decidere se iniziare a farci affari.

 

Proprio come per qualsiasi Brand, sarebbe ingenuo per una Nazione pensare che una terminologia così complessa e ricca di valori come questa possa resistere al giudizio del tempo senza doverci lavorare su. Eppure guardatevi intorno e la vedrete ovunque.

 

Pensate al valore intrinseco della frase “Made in China” e ditemi se le associazioni che vi fa venire in mente sono positive o negative.

 

La Cina ha costruito la sua economia sulle spalle di manodopera a basso costo e sul duro lavoro, e i risultati parlano chiaro. I tempi stanno cambiando. Adesso il governo cinese ha introdotto il progetto “Made in China 2025” – un piano strategico emanato dal Premier Li Keqiang nel maggio 2015 e che ha l’obiettivo di risollevare in tutto il mondo il percepito dei valori cardine del Paese.

 

Il Made in Italy ha un competitor invisibile con a disposizione risorse quasi illimitate e la determinazione di vincere a ogni costo. Non ci scherzerei troppo.

 

Il Made in Italy non differenzia l’industria italiana – a farlo sono l’eccellenza dei suoi prodotti, la visione innovativa degli imprenditori e la sua qualità senza rivali. Eppure, i numeri del commercio internazionale sono ancora lontani dagli obiettivi e dopo un periodo di crescita, continuano a crollare.

 

C’è qualcosa che non va.

 

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